Tradizioni culinarie per il giorno dei morti

10 ottobre 2013
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Dal Messico allo stoccafisso alle fave 'a coniglio'

Un calavera messicano, scultura di zucchero colorato a forma di teschio realizzata in occasione del dia de los muertos

Come ogni anno ci avviciniamo alla ricorrenza che commemora i defunti. Il 31 ottobre, poi, è Halloween. Non c’è solo il dolcetto o scherzetto di matrice statunitense, ma si tratta di un periodo ricco di credenze popolari, non solo italiane. I Celti in questa data celebravano Samhain: in questa notte le porte tra i mondi erano aperte e gli spiriti dei morti tornavano sulla terra. Per questo venivano preparati dei piatti per ristorarli e “tenerseli buoni”.

In Messico nel dia de los muertos (che secondo la ricorrenza cattolica è il 2 novembre) si preparano dei dolcetti a forma di teschio, i calaveras, oppure il pan de muertos con zucchero e frutta. Le celebrazioni si accompagnano alla pietà per i defunti ma anche a un’esorcizzazione della morte che affonda le sue radici nel mondo precolombiano.

Nelle diverse regioni italiane non mancano altre tradizioni. In Campania e in alcune zone della Lombardia veniva lasciata dell’acqua in cucina perché i defunti potessero dissetarsi.

In Piemonte, Puglia e Toscana si apparecchiava un posto in più a tavola per gli spiriti che sarebbero poi venuti mentre in Sardegna non la si sparecchiava dopo la cena. In Basilicata e Calabria la sera ci si recava al cimitero e si allestiva un banchetto sulle tombe.

Nei tempi antichi il cibo rituale dedicato ai defunti erano le fave, che costituivano il piatto principale dei banchetti funebri; per i romani ne contenevano le anime. In Liguria il piatto tipico era stocche e bacilli, ovvero stoccafisso con le fave. In Veneto le faoline, cioè semplicemente le fave e in Sicilia le fave a coniglio lessate con aglio e origano.

Anche i ceci vengono associati ai morti, così come il grano che in tutte le civiltà e religioni simboleggia la vita. Quest’ultimo è presente soprattutto nelle regioni meridionali e in quella che era la Magna Grecia, dove ancora oggi in alcune zone della Puglia viene consumato cotto insieme a vino cotto, chicchi di melograno, cannella, noci e zucchero e per questo è chiamato grano dei morti (o colva e cicc cuott nel foggiano). Molto simili sono anche le preparazioni che troviamo in Campania, Calabria, Basilicata e Sicilia in cui si aggiungono cioccolato e canditi.

Molto comune è l’usanza di preparare dei dolci da consumare in questa occasione: questi simboleggiano l’offerta dei vivi verso i defunti per il loro viaggio. Anche i nomi sono molto simili tra loro: si va dalle fave dei morti alle fave dolci alle ossa di morto fino alle ossa da mordere. Generalmente sono biscotti più o meno friabili preparati con mandorle, pinoli, albumi e cioccolato.

Un po’ in tutta Italia c’è  il pane dei morti, mentre in Sicilia troviamo i pupi di zucchero siciliani (statuette di zucchero che rappresentano personaggi della tradizione) e la frutta di Martorana fatta con pasta di mandorle e pasta reale.

Nicola Ganci, Erica Repaci

Foto: by Spangineer, da Flickr

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