Anguria: un po’ di storia e la ricetta della confettura

8 agosto 2016
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anguriaIl Calendario Italiano del Cibo dedica un’intera settimana alle conserve con l’articolo di Sabrina Gasparri. Per l’occasione abbiamo pensato a un modo insolito di conservare e consumare l’anguria, che siamo abituati a mangiare in fresche fette nelle calde sere estive: la confettura. Che poi è anche un modo per portare un’eco di estate nelle lunghe serate d’inverno.

Prima di passare alla preparazione vediamo di conoscere un po meglio questo frutto. Nelle torride e assolate giornate estive l’anguria (per i botanici cucumis citrullus o citrullus vulgaris) è uno dei frutti più apprezzati. In Toscana è cocomero, a Napoli melone d’acqua e poi abbiamo le versioni dialettali del nome: pateca in Liguria e zipangulu in Calabria. Se ci spostiamo oltreconfine la sentiremo chiamare watermelonwassermelonmelon d’eau e sandia.

Per quanto riguarda l’origine del nome abbiamo diverse spiegazioni: cocomero farebbe riferimento al colore del cetriolo mentre anguria avrebbe una derivazione bizantina (angouri, cioè frutto immaturo). Watermelon e melon d’eau, invece, si riferiscono all’elevato contenuto di acqua di questo frutto.
In quanto alla provenienza abbiamo testimonianze di come il frutto fosse già conosciuto nell’antico Egitto, dove si credeva fosse stato originato dal seme del dio Seth, e dove veniva sepolto nelle tombe dei faraoni tra i cibi che sarebbero serviti nell’aldilà (a testimonianza di questo ci sono delle rappresentazioni nelle tombe). Dell’anguria si legge anche nella Bibbia dove gli Ebrei, stremati nel deserto del Sinai, rimpiangevano i succosi frutti mangiati in Egitto. Nella civiltà greca l’anguria veniva indicata con lo stesso nome del cetriolo. Lo stesso avvenne nel mondo latino, almeno fino a Virgilio, mentre sembra che Plinio per cucumis intendesse proprio il cocomero. Passando all’Europa, l’anguria è già presente dopo le Crociate e le invasioni moresche.
Come riconoscere un’anguria buona? Innanzitutto la troviamo in vendita da maggio a settembre. Una volta trovata sul banco bisogna vedere il suo livello di maturazione. La buccia deve essere tesa e non avvizzita. Poi provate a battere: il suono non deve essere sordo, ma piuttosto nitido.Infine la vostra anguria deve essere sufficientemente pesante, segno che all’interno vi è una buona quantità di acqua e che quindi il frutto non è asciutto.
Tra le curiosità legate all’anguria ricordiamo quelle cubiche, facili da impilare, e persino quella piramidale di un agricoltore di Tsukigata (Giappone), di cui 16 esemplari sono stati venduti all’equivalente di 400 euro. Naturalmente non manca l’anguria più grande: il primato mondiale spetta a una coppia del Tennessee che nel 2010 ha raccolto in giardino un’anguria di 132 kg. Infine c’è l’arte del watermelon carving, ovvero l’intaglio dell’anguria in forme di rose e molto altro, giocando sul vivace cromatismo della polpa e della buccia.
Non è detto che la buccia si butti via, né che l’anguria sia solo un frutto dolce: c’è chi prepara le sue bucce in una salamoia aromatizzata con l’aneto e altre spezie creando il pepene murat, una specialità della Moldavia romena (a Torino si trova facilmente al mercato di Porta Palazzo).

A questo punto non ci resta che preparare la nostra confettura di anguria: ecco la ricetta.

Ingredienti: 2,5 kg di anguria, 500 g di zucchero, succo di 2 limoni

Utensili: coltello, ciotola, pentola per cuocere la confettura e pentola per sterilizzare i vasetti, vasetti tipo Bormioli, cucchiaio di legno, canovaccio.

Procedimento: Tagliare a fette l’anguria ed eliminare sia la buccia che i semi. Tagliare la polpa a dadini e metterli in una ciotola, aggiungere lo zucchero, mescolare, mettere in frigo e lasciare riposare per circa 24 ore.

Sterilizzare i vasetti e quindi metterli ad asciugare su di un canovaccio pulito. Recuperare la polpa di anguria con lo zucchero, frullare il tutto e trasferirlo in una pentola.
 Mettere sul fuoco e portare a ebollizione; a questo punto aggiungere il succo del limone e far cuocere a fuoco moderato per circa un’ora, mescolando ogni tanto con un cucchiaio di legno e togliendo la schiuma che si forma in superficie.

Al termine verificare la consistenza della confettura facendone gocciolare un po’ su un piattino: se è pronta trasferirla calda nei vasetti di vetro precedentemente sterilizzati e asciugati.
Chiudere bene i vasetti, capovolgerli e lasciarli raffreddare a temperatura ambiente girandoli un’altra volta dopo circa mezz’ora. Conservare in un luogo fresco e asciutto e al riparo dalla luce.

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2 Responses to Anguria: un po’ di storia e la ricetta della confettura

  1. alessia on 10 agosto 2016 at 08:33

    Eccola qua, non vedevo l’ora di leggerla! sono una… maniaca delle confetture, la farò senz’altro. Ciao!

  2. Camilla on 8 agosto 2016 at 22:10

    Fantastica e originale la tua confettura di anguria. Brava!

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