Di pane e altre storie

16 ottobre 2016
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fd_1Lo ammettiamo…per il titolo di questo post ci siamo “liberamente ispirati” al nome del nostro blog ma mai come in questa occasione lo abbiamo trovato adatto. Oggi ricorre infatti la Giornata Mondiale del Pane e sul Calendario Italiano del Cibo ce ne parla Sonia Nieri Turini nel suo articolo. Per l’occasione siamo andati un po a spasso nella storia di questo alimento, che è da sempre alla base della tavola e sinonimo di nutrimento in ogni parte del mondo.

Antico come l’umanità. Sappiamo che i primi tentativi di coltivazione dei cereali risalgono a circa 10.000 anni prima di Cristo. I chicchi vennero dapprima consumati crudi, quindi tostati e infine schiacciati e impastati con acqua per ottenere qualcosa di simile a un pane che veniva cotto su pietre arroventate.

Antico Egitto. Gli Egizi fecero del pane un segno di distinzione sociale e di pagamento del salario. Le piene del Nilo rendevano facile la coltivazione del frumento, ma questo non era per tutti: al popolo infatti spettava un pane di orzo o di spelta. A loro si deve anche l’invenzione della macina in pietra, del setaccio e del forno. La farina veniva passata, mescolata con acqua e impastata a lungo coi piedi; se ne ricavavano poi delle pagnotte che venivano cotte in forno. Intorno al 3500 a.C. si accorsero, quasi per caso, che lasciando per una giornata la pasta in un luogo tiepido e cuocendola il giorno seguente, ne risultava un pane più soffice e fragrante. Venne così scoperta la lievitazione.

Grecia antica. I Greci arrivarono a produrre oltre 70 tipi diversi di pane dando il via alla tradizione dei pani speciali arricchiti con olio, latte, olive, erbe, uvetta, miele e quant’altro. La preparazione, dapprima affidata alle donne di casa, passò ai professionisti che lavoravano durante la notte per fornire il prodotto fresco ogni mattina. In Grecia nacquero i forni pubblici, gli orari e le associazioni dei panificatori.

Età romana. I Romani non furono subito dei grandi panificatori. Plinio il Vecchio ci racconta che nei primi secoli della loro storia consumavano focacce non lievitate e la polta, una zuppa densa di cereali e legumi. Dapprima il loro cereale preferito fu il farro, da cui la parola farina. Il frumento si diffuse più tardi nei primi contatti con la Sicilia intorno al V secolo a.C. A partire dal II secolo a.C. i Romani disponevano di macine a energia idrica che consentivano di ottenere farine più bianche. I pistores (panettieri) romani costituivano una corporazione i cui membri non potevano cambiare mestiere e questo passava dal padre al figlio maschio o al genero. La produzione era vastissima e ce n’era per tutte le borse, dal più ricercato siligineus, fatto con le migliori farine, al meno invitante plebeius. I Romani inventarono anche pani per i militari (castrensis) e per i marinai (nauticus), antesignani delle attuali gallette. C’era persino quello per cani (furfureus)!

Medioevo. Con la caduta dell’Impero la panificazione tornò tra le mura domestiche, anche se restarono le panetterie presso monasteri e sovrani. La povertà spinse la popolazione meno abbiente a utilizzare ingredienti come orzo, avena, miglio, legumi e castagne risparmiando sempre di più la farina di frumento. In epoca feudale a farla da padrone erano i mulini e i forni dei signori che imponevano tributi e impedivano ai sudditi di costruire strutture private. Per tornare ad avere una classe di fornai indipendenti bisognerà aspettare l’XI secolo con l’età dei Comuni. A Firenze ogni membro dell’Arte dei fornai doveva marchiare le pagnotte con il suo segno distintivo. Il progresso portò le classi più agiate a disporre di pani speciali arricchiti, tra gli altri ingredienti, con le spezie importate dal Medio Oriente.

Età moderna. Se le scoperte geografiche introducono cibi nuovi e il Rinascimento cambia il modo di stare a tavola, il pane resta abbastanza simile a quello del tardo medioevo: bianco per i nobili e le classi abbienti, scuro e misto a ingredienti più economici per il resto della popolazione. Quello soffice con latte e burro, sebbene già in uso, divenne di moda con l’arrivo di Maria de’ Medici in Francia (1600). Nel 1679, presso la corte dei Savoia, furono inventati i grissini, una delle specialità più conosciute di Torino: il re Carlo Felice userà sgranocchiarli a teatro. Con la metà del XVIII secolo i panettieri iniziarono a utilizzare le prime macchine impastatrici, preludio di una preparazione industriale del pane con nuovi lieviti e cotture. Anche grazie a questi progressi le ricette cominciano a differenziarsi sempre di più da regione a regione: in questo periodo nascono ad esempio la rosetta e la baguette francese. Nel Nordeuropa il pane resta un prodotto piuttosto prezioso, consumato soprattutto in piccole forme e in occasione delle festività, mentre nelle aree mediterranee si privilegiano forme grandi, adatte al consumo quotidiano e alla conservazione.

Età contemporanea. Col Novecento il pane tende a diventare, soprattutto nelle città, un prodotto sempre più industriale. Tuttavia le difficoltà economiche soprattutto durante il secondo conflitto mondiale portarono al razionamento (tessere annonarie) e alla riscoperta di ricette con ingredienti quasi dimenticati come fave e lupini. In Italia il grano e il pane entrarono nella retorica fascista (battaglia del grano), lasciando un segno durevole nella cultura italiana. Negli anni del boom economico il pane bianco si diffuse prepotentemente quale segno del ritrovato benessere. Nello stesso periodo in tutto l’Occidente si estende l’uso del bun per l’hamburger. Solo negli ultimi decenni si è tornati a rivalutare ricette di pani integrali o arricchiti con altri cereali, oggi molto apprezzati per qualità nutrizionali e organolettiche.

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One Response to Di pane e altre storie

  1. sonia on 16 ottobre 2016 at 23:59

    brava Erica veramente un post completo, complimenti, grazie per aver partecipato a questa bella giornata che festeggia nel mondo l’alimento per eccellenza, il signor pane.
    ciao Sonia

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