I formaggi italiani a Cheese 2017

14 settembre 2017
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800px-FormaggiDomani prende il via a Bra la ventesima edizione di Cheese e per incuriosirvi e ingolosirvi un po’ abbiamo pensato di raccontarvi in breve i formaggi, presidio Slow Food, che troveremo alla manifestazione.

Agrì di Valtorta (zona di produzione: valle Stabina, in alta Val Brembana; comuni di Valtorta e Ornica). A base di di latte vaccino intero a pasta cruda, richiede tre giorni di lavorazione fino a ottenere dei cilindretti di tre cm di diametro e 50 grammi di peso. Si consuma dopo una quindicina di giorni circa.

Asiago stravecchio (zona di produzione: Altopiano dei Sette Comuni – Asiago, Conco, Enego, Foza, Gallio, Lusiana, Roana, Rotzo).  Prodotto in sette malghe, da giugno a settembre, per circa 1000 forme all’anno; occorrono 18 mesi di stagionatura.

Bagoss di Bagolino (zona di produzione: comune di Bagolino, in provincia di Brescia). Formaggio a pasta cruda prodotto con latte parzialmente scremato a cui viene aggiunto un cucchiaio di zafferano durante la rottura della cagliata. Vengono usati pentoloni di rame e fuoco di legna. Ha una lunga stagionatura (minimo 12 mesi). Ottimo come formaggio da tavola.

Caciocavallo di Ciminà E’ un formaggio antichissimo prodotto nel Parco Nazionale dell’Aspromonte fin dai tempi della colonizzazione greca. Rispetto agli altri caciocavallo è più piccolo e allungato e si produce coagulando il latte crudo. Il formaggio viene poi appeso ad asciugare su pertiche e consumato fresco, tipicamente alla griglia.

Caciocavallo podolico del Gargano (zona di produzione: tutto il promontorio, in provincia di Foggia). Formaggio a pasta filata, ottimo se stagionato, viene usato come formaggio da tavola.

Caciocavallo podolico della Basilicata (zona di produzione: comune di Abriola, in provincia di Potenza). Formaggio a pasta filata, prodotto con latte di vacche di razza podolica, che producono poco latte e vengono allevate in stato semibrado; può avere una lunga stagionatura. Molto saporito si può gustare con miele di castagno.

Caciofiore della campagna romana (zona di produzione:aree agricole intorno a Roma). A base di latte crudo intero e caglio vegetale ottenuto dal fiore di carciofo o di cardo selvatico; la cagliata così ottenuta viene rotta per due volte e poi messa in forme quadrate.Il giorno seguente viene aggiunto sale marino e quindi si lascia stagionare per 30-80 giorni. Si produce da ottobre a giugno.

Cacioricotta del Cilento (zona di produzione: in provincia di Salerno). Formaggio di latte caprino la cui tecnica di lavorazione (presente anche di Puglia e Basilicata) prevede sia l’uso del caglio che del calore. Si consuma sia fresco, dopo 2-3 giorni dalla produzione, che grattugiato, dopo stagionatura.

Canestrato di Castel del Monte (zona di produzione: versante meridionale del Gran Sasso, provincia di L’Aquila). Il latte è filtrato, riscaldato e addizionato con caglio naturale. La cagliata è poi rotta, cotta, trasferita nelle fiscelle e pressata. Dopo la salatura, le forme sono collocate su tavole di legno, le casere per la stagionatura (da due mesi a un anno) e sono unte con olio di oliva per evitare un eccessivo disseccamento. Il pecorino stagionato ha forme di peso variabile e sapore pronunciato e piccante.

Casizolu (zona di produzione: Montiferru, in provincia di Oristano). Formaggio a pasta filata ottenuto con latte di mucche allevate allo stato brado; si aggiunge il caglio e quando è al punto giusto si passa alla filatura e alla modellatura della cagliata. Viene poi avvolto in un canovaccio e poi appeso a stagionare.

Casolèt della Val di Sole, Rabbi e Pejo Formaggio di montagna fatto con latte intero a pasta morbida e tenera da consumare fresco o semi stagionato. Il nome deriva dal latino caseolus, cioè piccolo formaggio.

Castelmagno d’alpeggio (zona di produzione: frazione Chiappi del Comune di Castelmagno, in provincia di Cuneo). Formaggio di latte vaccino con una piccola quota di latte ovino o caprino, ha origine antichissima (pare si possa risalire al XII secolo). La stagionatura dura almeno 120 giorni. Ha ottenuto la Doc nel 1982 e la Dop nel 1997. Quello d’alpeggio viene prodotto secondo la tecnica tradizionale e ha un gusto più ricco.

Cevrin de Coazze (zona di produzione: Val Sangone, comuni di Coazze e Giaveno, in provincia di Torino). Ottenuto dal latte di capra Camosciata delle Alpi con piccole aggiunte di latte vaccino, stagionato per almeno 3 mesi in grotte naturali.

Conciato romano (zona di produzione: Comune di Castel di Sasso e zone limitrofe della provincia di Caserta). Di origine antichissima, si produce con latte ovino, caprino o vaccino. Le forme vengono pressate con le mani, salate e asciugate e quindi “conciate”. Al termine vengono poste in anfore di terracotta in cui restano dai 6 mesi a 2 anni. Si abbina bene alle confetture, per esempio di fichi o al miele di castagno. Può anche subire una lunga stagionatura e per certi aspetti ricorda il formaggio di fossa.

Çuç di mont (zona di produzione: Dolomiti friulane, Alpi e Prealpi Carniche, Alpi e Prelati Giulie, province di Pordenone e Udine).  Viene prodotto solo con il latte estivo delle vacche che pascolano in malga, miscelando nella caldaia il latte della sera prima (crudo e parzialmente scremato) insieme a quello appena munto. Si aggiunge poi il caglio (bovino), si rompe la cagliata quindi si riscalda nuovamente. Al termine si estrae la cagliata a mano, con l’aiuto di teli di lino, e si sistema in apposite fascere. Le forme sono pressate e rivoltate più volte e, la sera, sono immerse nella salamoia, dove rimangono per 24 ore. Infine si sistemano ad asciugare su assi di legno.

Fatulì della Val Saviore (zona di produzione: Valle Canonica, Provincia di Brescia). Formaggio caprino molto particolare e raro, realizzato con il latte crudo della capra bionda dell’Adamello. Questo viene scaldato e si aggiunge il caglio; la cagliata viene rotta con lo spino e scaldata di nuovo. Viene poi messa nelle fascere e quindi salata; infine si passa all’affumicatura con rami e bacche di ginepro. Le forme vanno da 300 a 500 grammi.

Fiore sardo dei pastori (zona di produzione: alcuni comuni della Barbagia quali Gavoi, Ollolai, Ovodda, Lodine, Fonni e Orgosolo). Pare che il nome derivi dal fatto che si usava il fiore di cardo come caglio oppure dagli stampi sul cui fondo era inciso un fiore. La tecnica di produzione è quella antica e la stagionatura può durare diversi mesi.

Formadi frant (zona di produzione: Carnia, provincia di Udine). Nasce al fine di salvare le forme di formaggio di malga difettose o che non potevano essere avviate alla stagionatura. Questo venivano ridotte in piccoli pezzi, si aggiungeva latte e panna, sale e pepe e l’impasto veniva messo nelle fascere e quindi a stagionare per circa 40 giorni.

Formaggio di latteria turnaria (zona di produzione: tutto il territorio friulano). Nasce dall’usanza antica di mettere insieme il latte di più famiglie e caseificare collettivamente, è un formaggio a latte crudo ottenuto da latte proveniente da piccoli allevamenti di mucca pezzata rossa situati a poca distanza dalla latteria.

Formaggio di malga del Lagorai (zona di produzione: Comuni del Lagorai – Carzano, Roncegno Terme, Ronchi Valsugana, Telve, Telve di Sopra, provincia di Trento). Formaggio di malga a latte crudo semigrasso, realizzato con latte munto la sera, scremato, a cui poi si aggiunge il latte munto il mattino dopo. Viene stagionato in cantine seminterrato di pietra dette casarìn.

Graukäse della Valle Aurina (zona di produzione: Valli di Tures e Aurina da Gais fino a Casere-Kasern, comprese le valli laterali quali Selva dei Molini-Muehlwald, Lappago-Lappach, Rio Bianco -Weissenbach e Riva di Tures-Rein). Formaggio a coagulazione acida che non prevede l’utilizzo del caglio, realizzato con il latte avanzato dalla produzione del burro che rimane due giorni nei recipienti in modo da far innescare la coagulazione. La cagliata viene posta in forme rotonde o quadrate e stagionata per due o tre settimane su tavole di abete e il formaggio ottenuto è privo di crosta.

Macagn (zona di produzione:area montana centro-orientale delle Prealpi biellesi e area montana della Valsesia, provincia di Vercelli). Formaggio di montagna di latte vaccino crudo, prodotto due volte al giorno. La stagionatura è di circa 20 giorni.

Maiorchino (zona di produzione: Monti Peloritani, Provincia di Messina). Prodotto da febbraio a giugno con latte crudo di pecora a cui si aggiunge il 20% di latte di capra e talora anche fino a un 20% di latte di vacca e caglio di capretto o agnello; si utilizzano ancora caldaia di rame stagnato (quarara), bastone di legno (brocca), fascera di legno (garbua), tavoliere di legno (mastrello), asta di legno o ferro. Al termine con un ago di ferro (il minacino) si forano le bolle d’aria che si formano nella pasta, si sala per circa 20-30 giorni e poi si lascia stagionare in locali in pietra.  Ha forma cilindrica, crosta giallo ambrato che diventa marrone se più stagionato e pasta bianca compatta tendente al paglierino.

Marzolina (zona di produzione: comuni di Vallecorsa, Castro dei Volsci, Pico, Esperia, Campoli Appennino, Picinisco, Villa Latina, Settefrati, S. Donato Valcomino, Casalvieri, Fontechiari, Alvito, Gallinaro in provincia di Frosinone; Prossedi, Lenola, Monte S. Biagio, Itri, Spigno Saturnia, Maenza, Carpineto, Campo di Mele, Formia). Prodotto con latte di capre che pascolano allo stato brado dalla forma cilindrica allungata oppure tronco-conica, senza crosta. Può essere consumata fresca oppure, secondo tradizione, dopo averla fatta maturare per qualche mese in damigiane piene di olio di oliva.

Monte veronese di malga (zona di produzione: monti Lessini e Monte Baldo, in provincia di Verona). Prodotto unendo il latte vaccino di più mungiture (da cui monte), stagiona per tre mesi. Ha ottenuto la Dop nel 1996.

Montèbore (zona di produzione: comuni delle Valli Curone e Borbera, in provincia di Alessandria). Prodotto nell’omonimopaesino della Val Curone, è una formaggetta di latte ovino e vaccino di origine antica (se ne hanno notizie dal XII secolo). Ha forma di torta nuziale, ispirata alla torre del paese. La stagionatura varia da una settimana a due mesi. La produzione di questo formaggio è ripresa nel 1999.

Morlacco del Grappa di malga (zona di produzione: massiccio del Monte Grappa, tra le province di Treviso, Belluno e Vicenza). Prodotto con latte scremato della mungitura serale secondo il procedimento antico (era il formaggio “povero” consumato dai pastori). E’ un formaggio tenero che si consuma dopo 15 giorni dalla produzione.

Pallone di Gravina (zona di produzione: Comune di Gravina di Puglia). Prodotto con latte vaccino crudo, di forma tondeggiante, a pasta dura filata. Viene lasciato in salamoia per 24-36 ore, poi messo ad asciugare e quindi a stagionare in cantine naturali per circa tre mesi. Le forme pesano da uno a dieci chili e si produce da gennaio a marzo.

Pannerone di Lodi (zona di produzione: Lodi e comuni limitrofi, in provincia di Lodi). Il nome deriva da panéra, cioè crema di latte, panna dato che viene prodotto con latte intero. Manca quasi del tutto la salatura e questo gli conferisce un sapore particolare, adatto ad essere abbinato per esempio con miele e confetture; la stagionatura è di circa 10 giorni. Oggi vi è un solo produttore di questo formaggio.

Toma di pecora brigasca (zona di produzione: valli imperiesi e alpeggi sul confine con la Francia). Il nome deriva da La Brigue un paese che in passato era il più importante centro di pastorizia tra Liguria, Piemonte e Provenza. La pecora di razza Brigasca è adatta al pascolo in zone impervie. Dal suo latte si ottengono i formaggi Sora (prodotta con latte ovino proveniente dalla mungitura serale aggiunto a quello del mattino), Toma (in cui al latte vaccino si aggiunge quello di capra) e Brus.

Pecorino a latte crudo della Maremma (zona di produzione: Maremma). Il latte viene lavorato direttamente in azienda e si ottiene un pecorino di formati e stagionature variabili: da 20 a 180 giorni e oltre per lo stagionato e la riserva.

Pecorino dei Monti Sibillini (zona di produzione: Area dei Monti Sibillini province di Ascoli Piceno e Macerata). Viene prodotto con  latte crudo, semicotto e poi stagionato in modo naturale. Le forme vengono girate ogni 2-3 giorni e si può consumare dopo un paio di mesi.

Pecorino del Monte Poro (zona di produzione: Comuni di Rombiolo, Nicotera, Zungari, Limbadi, Filandari, Jonadi, Joppolo, Zaccanopoli, provincia di Vibo Valentia). Si ottiene con latte ovino e caglio di agnello; le forme vengono salate (a secco, con sale marino) e poi stufate. Infine si tratta la crosta con olio e peperoncino e si mette a stagionare; si può consumare a partire da tre mesi dopo.

Pecorino della montagna pistoiese (zona di produzione: Comuni di Borgo a Buggiano, Cutigliano, Lamporecchio, Montale, Pescia, Pistoia, Piteglio, Quarrata, Sambuca Pistoiese, San Marcello Pistoiese). Realizzato da 15 produttori, esiste in tre varianti: fresco (che stagiona da 7 a 20 giorni), l’abbucciato (che stagiona almeno 35 giorni) e il pecorino da asserbo (che stagiona da tre mesi fino ad un anno).

Pecorino di Farindola (zona di produzione: Comune di Farindola e altri comuni limitrofi delle province di Pescara e Teramo). Viene prodotto usando caglio di maiale, in quantità limitate. Le forme nelle fiscelle vengono salate e quindi stagionate in madie di legno per un minimo di 40 giorni

Pecorino di Osilo (zona di produzione: Comuni di Osilo, Ploaghe, Codrongianos, Tergu, Nulvi). Si differenzia dal classico pecorino sardo per la forma più piccola e più alta e per la pressatura che gli conferisce una pastosità che si mantiene anche con la stagionatura. La stagionatura ideale dura cinque o sei mesi; le forme devono essere periodicamente rivoltate e lavate con acqua e salamoia e unte in superficie con una miscela di olio di oliva e devono essere conservate in locali di stagionatura naturali.

Piacentinu ennese (zona di produzione: Comuni di Aidone, Assoro, Barrafranca, Calascibetta, Enna, Piazza Armerina, Pietraperzia, Valguarnera, Villarosa). Realizzato da soli tre produttori con latte ovino, caglio, zafferano e pepe nero in grani.

Provola dei Nebrodi (zona di produzione: tutta l’area dei Nebrodi). E’ un caciocavallo di peso variabile prodotto con latte vaccino crudo coagulato con il caglio di agnello o di capretto e poi filato

Provola delle Madonie (zona di produzione: Massiccio delle Madonie). E’ un formaggio vaccino a pasta filata a forma di fiasco panciuto e crosta liscia e sottile di color giallo paglierino. Il latte viene scaldato a 37°C e a questo si aggiunge caglio ovino. Dopo filatura si ricavano le forme che vengono messe a stagionare per almeno tre mesi; esiste anche in versione affumicata.

Puzzone di Moena (zona di produzione: comuni di Predazzo e Moena, in provincia di Trento). Prodotto solo nel periodo di alpeggio, deve la “puzza” (e quindi il nome) al processo di stagionatura durante il quale le forme vengono lavate con un panno imbevuto di acqua.

Raviggiolo dell’Appennino tosco-romagnolo (zona di produzione: Comuni dell’Appennino tosco-romagnolo). Formaggio già noto nel Rinascimento prodotto con latte vaccino crudo e caglio, senza rompere la cagliata, ma solo scolando la massa e salandola in superficie. Ha consistenza burrosa e sapore dolce e si conserva per pochi giorni.

Robiola di Roccaverano (zona di produzione: alcuni comuni della Langa astigiana). Prodotto con latte caprino lavorato a crudo senza aggiunta di fermenti da marzo a metà dicembre è l’unico caprino ad aver ottenuto la Dop.

Saras del fen (zona di produzione: territorio della Comunità montana Val Pellice, Chisone e Germanasca e Pinerolese Pedemontano). E’ una ricotta di latte vaccino avvolta nella festuca (fen) che va consumata abbastanza fresca.

Storico ribelle – bitto storico (zona di produzione: valli di Albaredo e Gerola e alpeggi confinanti in provincia di Sondrio). È uno tra i più noti formaggi lombardi, ingrediente base (insieme a burro, grano saraceno e verze) dei pizzoccheri; il luogo storico di produzione si trova nelle valli Gerola e Albaredo. Si produce in alpeggio tra i 1400 e i 2000 metri  secondo pratiche tradizionali sia nel pascolo che nella produzione del formaggio. La mungitura avviene a mano, la salatura a secco. Viene prodotto solo nei mesi estivi.

Stracchino all’antica delle Valli Orobiche (zona di produzione: Valle Brembana e valli confluenti Serina, Taleggio e Imagna). Prodotto con con latte vaccino crudo intero appena munto a cui si aggiunge caglio di vitello. Dopo la rottura, la cagliata viene posta nelle fascere e stufata per un giorno e mezzo a 20°C. Si passa quindi alla salagione e alla stagionatura che prosegue per circa 20 giorni

Trentingrana di alpeggio (zona di produzione: valli di Sole e di Primiero, provincia di Trento). Ha la stessa lavorazione del parmigiano e del grana padano e viene prodotto usando il latte proveniente da sei malghe.

Tuma di pecora delle Langhe (zona di produzione: comuni dell’Alta Langa, in provincia di Cuneo). Tipico dell’alta langa cuneese, era venduto ai mercati in ceste di giunco. È detta anche robiola ed è priva di crosta, a pasta morbida. Si può consumare a partire da 10 giorni dopo la produzione. Esiste anche una versione da conservare: le tume ’n burnia, cioè sotto vetro.

Vastedda della valle del Belice (zona di produzione: Valle del Belice, province di Trapani, Agrigento e Palermo). Unico formaggio di pecora a pasta filata e deriva dai pecorini mal riusciti che venivano filati ad alta temperatura. E’ un prodotto da consumare molto fresco.

Vezzena (zona di produzione Comuni dell’altopiano di Lavarone, Vezzena e Folgaria, in provincia di Trento). Prodotto solo nel periodo di alpeggio con stagionatura minima di 12 mesi su assi di legno; ogni mese le forme vengono pulite e trattate con olio di lino.

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