Limone, limoncino, limoncello. Un agrume
dalle mille risorse

8 agosto 2011
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Il limone è l’agrume più presente sulle nostre tavole e viene utilizzato per molte ricette, dagli antipasti ai dolci. Originario dell’Indocina, è arrivato in Europa dall’India verso il 1200. Il suo nome, “limu”, è di origine persiana. Sembra anche che abbia avuto origine come ibrido tra il pompelmo e il cedro ma da secoli è una specie a sé.

Le prime coltivazioni europee di cui si abbia notizia si hanno a Genova nel XV secolo. Sempre nel capoluogo ligure è stato una pianta decorativa e da frutto nelle ville dei signori del Settecento assetati di limonate fresche quando il ghiaccio era ancora per pochi. Oggi i maggiori agrumeti italiani sono in Campania, Calabria e Sicilia. Le varietà più note sono il femminiello (detto anche Ovale) di Sorrento Igp, lo sfusato di Amalfi Igp (e presidio Slow Food) e il limone delle Cinque Terre.

Del limone non si butta niente: il succo viene usato nelle bevande, in sorbetti e granite, come condimento oppure per la marinature di carne. Gli oli essenziali sono utilizzati nell’industria dei profumi o di alimentari. La buccia viene candita. Ma ci sono usi più particolari come l’insalata di limoni, cipolla, olio e spezie tipica della Sicilia.

Per non parlare di usi meno convenzionali: con tre parti di succo di limone e una d’acqua si prepara l’inchiostro simpatico, mentre i contestatori ne usano il succo diluito in acqua per mitigare il bruciore dei lacrimogeni al gas Cs. I francesi, poi, ogni inverno impilano incredibili composizioni di limoni e arance in occasione della Fȇte du Citron di Mentone (la prossima sarà dal 17 febbraio).

Infine ci sono i liquori, e parleremo proprio di questi: limoncello e limoncino. Sono la stessa cosa? Non proprio. Entrambi si ottengono facendo macerare in alcol le scorze del limone; a questa infusione si aggiungono poi acqua e zucchero. Per il limoncino ligure il tempo di infusione è di circa un mese, due secondo la ricetta campana del limoncello.

Il limoncino ligure è ottenuto da limoni provenienti dalla Riviera delle Palme (da Varazze ad Andora). La ricetta di questo “nettare di limoni”, per dirla con le parole di Eugenio Montale, risale al XIX secolo. Quello delle Cinque Terre è un prodotto biologico tutelato dalla Regione e dal Parco delle Cinque Terre e contraddistinto dal marchio di qualità dei prodotti tipici.

La ricetta del limoncello campano è solo di poco più recente: è nato agli inizi del secolo scorso nella zona compresa tra Sorrento e Amalfi (con qualche rivalità tra loro per la paternità della creazione). I limoni utilizzati sono quello di Sorrento oppure lo sfusato di Amalfi, i cui frutti vengono raccolti rigorosamente a mano tra febbraio e ottobre. A rigore può essere definito “limoncello” solo quello prodotto con limoni Igp della penisola sorrentina.

Così come altri liquori della tradizione italiana (nocino, rosolio, mirto, liquore alla liquirizia) anche il limoncino può essere preparato in casa.

Se volete cimentarvi con la preparazione ecco gli ingredienti per la versione ligure: 8 limoni non trattati, 1 litro di alcol 95% (da liquori!!!), 1,1 litri di acqua, 1 kg di zucchero.

Preparazione: sbucciate i limoni per ottenere le scorzette, avendo cura di eliminare la parte bianca immergetele in alcol e lasciate riposare per 8 giorni al buio mescolando ogni giorno. A questo punto preparate un sciroppo facendo sciogliere lo zucchero in acqua calda, lasciate raffreddare e unite all’infuso alcolico. Mescolate bene, filtrate per eliminare le scorze di limone e imbottigliate. Potete assaggiare il risultato dopo un mese circa.

Il limoncino si aggira sui 30 gradi. Anche se “va giù” è sempre un superalcoolico da bere senza esagerare e non è adatto ai più giovani o a chi deve guidare. I più giovani potranno apprezzare l’agrume con granite, limonate oppure con gazzose “d’autore”. Lurisia le fa con lo sfusato di Amalfi, Abbondio con cinque varietà di limoni siciliani.

Foto: by Troels Flig, da Flickr

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