La tavola di San Biagio

3 febbraio 2017
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800px-Torta_di_San_BiagioAlla ricorrenza della Candelora, di cui abbiamo parlato ieri, segue oggi 3 febbraio quella di San Biagio che nella tradizione popolare è considerato il protettore della gola.

Ma chi era San Biagio? Fu un vescovo e martire del IV secolo che morì dopo il 313, anno della concessione della libertà di culto ai cristiani da parte dell’imperatore Costantino.

Legate a questa giornata ci sono diverse usanze gastronomiche.

La più conosciuta è quella che riguarda il panettone: a Milano e in molte altre città italiane è tradizione conservare una fetta del dolce di Natale (non solo panettone ma anche altri) per mangiarlo in questo giorno. Il fatto di ingoiare con un po’ di fatica il pane raffermo ricorderebbe il presentarsi della malattia e la successiva guarigione.

Dietro la tradizione del panettone c’è una leggenda: una donna era andata in chiesa poco prima del Natale per far benedire il panettone destinato alla famiglia. Sia la donna, sia il frate – che si chiamava Desiderio – dimenticarono il dolce per settimane finché un giorno il religioso lo trovò. Egli, pensando che la signora non lo rivolesse più, decise di mangiarselo. Il 3 febbraio la donna tornò in chiesa per riprendersi il dolce e il frate, mentre pensava a cosa dirle, andò dove aveva lasciato l’involucro e ritrovò un panettone grande il doppio. Il miracolo venne attribuito a San Biagio e da allora la mattina del 3 febbraio si fa colazione col panettone.

Vediamo ora cosa succede nel resto d’Italia. A Cavriana, in provincia di Mantova, si prepara la torta di San Biagio, un dolce a base di mandorle e cioccolato, di forma circolare, non lievitato. Una volta cotta viene tagliata in pezzi e offerta al pubblico in piazza Castello; anticamente la torta era molto grande, si narra fin oltre tre metri.

A Lettomanoppello, in provincia di Pescara, troviamo i tarallucci di San Biagio, dolcetti a forma di ciambella contenenti semi di anice che vengono benedetti e poi portati a casa e distribuiti  ad amici e parenti e poi consumati; tradizione narra che proteggerebbero dai mali di stagione, in particolare dal mal di gola.

In provincia di Chieti, a Taranta Peligna, si festeggia la Sagra delle Panicelle, piccoli pani a forma di mano preparati da tutto il paese che si divide i compiti: c’è chi prepara l’impasto (gli ammassatori), chi dà la forma ai pani (le modellare) e chi imprime sull’impasto con uno stampo l’immagine del Santo. Al termine della processione i pani sono a disposizione dei paesani.

In Campania, a Lanzara, in questo periodo si svolge la Sagra della Polpetta durante la quale vengono preparate le polpette di San Biagio, a base di patate.

A Salemi, in provincia di Trapani, si preparano i Pani di San Biagio, che hanno forma di pesci, uccelli, cavallucci marini (cavadduzzi) e fiori e vogliono ricordare il miracolo della liberazione del paese dalle cavallette ad opera del Santo e i cuddureddi, a base di acqua e farina che rappresentano la gola, di cui San Biagio è protettore. Entrambi vengono benedetti e poi distribuiti ai fedeli che si recano a farsi benedire la gola dal sacerdote.

A Caronia, in provincia di Messina, si trovano dei pani dolci a forma di ciambella con nocciole, mandorle e miele detti cudduri di San Brasi: questi vengono benedetti e poi portati ai malati e a coloro che li richiedono.

Sempre in Sicilia, a Comiso, si producono dei pani che nella forma ricordano la trachea e vengono detti perciò cannarozza.

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