Dagli Egizi ad Andrea Doria, la storia del pandolce alla genovese

5 dicembre 2011
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Il pandolce alla genovese appena sfornato (Foto: Erica Repaci)

Il pandolce alla genovese appena sfornato (Foto: Erica Repaci)

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Non si può parlare di Natale e di dolci natalizi in Liguria e a Genova se non partendo dal pandolce, in genovese u Pandùçe. È di origine molto antica; infatti fin dai tempi degli Egizi e dei Greci ci sono testimonianze di dolci preparati con cereali, miele e spezie che venivano offerti agli dei. Altre versioni riportano un’origine persiana di questo: pare che il giorno di Capodanno il più giovane dei sudditi portasse al re come dono di buon augurio un pane dolce con miele e canditi (da qui l’usanza che sia il più giovane a togliere il ramo di alloro dal dolce).

La leggenda genovese racconta che nel 1500 Andrea Doria avesse indetto una gara tra i pasticceri genovesi per creare un dolce che diventasse il simbolo della città e della sua ricchezza; doveva inoltre potersi conservare a lungo, per esempio durante i viaggi per mare.

Esistono due varianti del pandolce: quello alto e quello basso, che in maniera errata viene definito pandolce antico. In realtà la differenza sta solo nei tempi di lavorazione, inferiori nella variante bassa rispetto a quella alta: anche per questo motivo si sta diffondendo sempre più in questa versione.

In passato veniva fatto per Natale usando solo farina, olio, miele, uva passa, acqua di fiori d’arancio, semi di anice e lievito naturale: era infatti un dolce piuttosto povero. Attualmente sono state aggiunte le scorze di arancia e cedro candite, il burro ha preso il posto dell’olio e lo zucchero quello del miele.

La tradizione dice che il più giovane della famiglia dovesse togliere il ramoscello di ulivo o di alloro (simbolo di benessere e fortuna) che era messo sul pandolce e che toccasse alla persona più anziana della famiglia tagliarlo e distribuirlo. Doveva inoltre conservarne una fetta da dare al primo viandante che bussava alla porta e un’altra fetta per il giorno di San Biagio (3 febbraio). Veniva accompagnato da vino di Coronata o dallo Sciacchetrà.

Ogni famiglia aveva la sua particolare ricetta “segreta”. Tutte le versioni avevano comunque in comune l’attenzione posta alla lievitazione, molto lunga (pare che alcune signore lo mettessero sotto le coperte vicino allo scaldino). Per farlo cuocere veniva portato al panettiere di fiducia.

Fino ai primi del ‘900 le pasticcerie preparavano il pandolce su ordinazione per coloro che venivano da fuori e volevano portarlo a casa. Oggi il pandolce è conosciuto ben oltre i confini della Liguria: negli Usa e a Londra viene chiamato Genoa cake; altrove Genoise.

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3 Responses to Dagli Egizi ad Andrea Doria, la storia del pandolce alla genovese

  1. Edilio Gaggino on 7 dicembre 2013 at 21:36

    Nella “cuciniera genovese” del 1863, la ricetta del pandolce genovese è la seguente:
    Pàn dolce o Pan di Natale
    Sorta di pane indispensabile, dirò così, ai Genovesi nel giorno del S. Natale e nelle altre due successive solennità del primo giorno dell’anno e dell’Epifania.
    Esso differisce di molto da quello, che vendesi tutto l’anno dai pasticcieri; è molto più gustoso e sostanzioso. La vera maniera di manipolarlo è la seguente:
    Prendete quattro chilogrammi di farina di grano, impastatene due con 300 grammi di lievito disciolto in mezzo litro d’acqua tiepida e formatene un pane; coprite poscia questo pane cogli altri due chilogrammi di farina, ponetevi sopra un foglio di carta e addosso a questo una coperta di lana e lasciatelo riposare per ott’ore. Quando vedrete che la pasta gonfia e screpola la farina sarà segno che dovrete fare il pane; versate allora sulla farina e pasta quella poca quantità d’acqua tiepida che basti per formare un pane piuttosto sodo, unitevi 650 grammi di burro liquefatto, 1 chilogr. e 1/2 di zucchero, due .bicchieri di vino di Marsala e un cucchiaio d’acqua di fior d’arancio; impastate e dimenate bene e lungamente la pasta; aggiungetevi in ultimo 50 grammi di finocchio dolce, 75 grammi di .pistacchi mondati, 75 di pinocchi, 100 d’uva passola di Smirne bianca. (ûghetta), 100 di zucca candita tagliuzzata a pezzettini, e mettetelo a lievitare per dodici ore fasciato all’intorno con un tovagliolo a guisa di turbante affinchè non ischiacci troppo, avvertendo che se fosse tempo assai freddo fa mestieri tenerlo in una camera che sia molto calda. Mandatelo a cuocere in forno.

  2. […] saperne di più sulla storia e sulle tradizioni legate a questo dolce ligure vi rimandiamo al nostro pezzo precedente. #gallery-1 { margin: auto; } #gallery-1 .gallery-item { float: left; margin-top: 10px; text-align: […]

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